La crisi del marxismo in Italia. Cronache di filosofia politica (1980-2005). Un abbozzo di storia degli intellettuali by Francesco Fistetti

La crisi del marxismo in Italia. Cronache di filosofia politica (1980-2005). Un abbozzo di storia degli intellettuali by Francesco Fistetti

autore:Francesco Fistetti [Fistetti, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Political Ideologies, Communism; Post-Communism & Socialism
ISBN: 9788870186079
Google: lNuMAAAACAAJ
editore: il melangolo
pubblicato: 2006-06-21T22:00:00+00:00


X.

IL BUCO NERO DELLA DEMOCRAZIA

Questa lunga digressione su Claude Lefort ci mostra in controluce l’impasse filosofico-politica della cultura di sinistra in Italia dopo la fine di quel “Grande Scisma” che per Aron era stata la Guerra Fredda, un’impasse che si manifesta nella mancanza di interesse verso l’istanza proveniente dal fallimento dei regimi dell’Est di elaborare una cultura politica conseguentemente antitotalitaria. Vale, a questo proposito, l’osservazione di O. Mongin secondo cui da un lato le correnti antitotalitarie dell’intellettualità europea dopo l’Ottantanove sembrano come stregate dal liberalismo, per di più inteso nella sua variante più radicale del liberismo di F.A. von Hayek(150), mentre dall’altro la sinistra postcomunista appare esitante nel condurre un’autocritica severa nei confronti della propria tradizione teorica per timore di soccombere sotto l’offensiva mediatica della storiografia neorevisionistica e di lavori come Il libro nero del comunismo(151) strumentalizzati dalla propaganda berlusconiana. Il risultato di questo disorientamento dell’intellettualità europea è, per Mongin, la paura di pensare politicamente e, di conseguenza, il cercare rifugio in un discorso etico, contribuendo così ad “approfondire il fossato tra democrazia politica (cinica) e democrazia sociale (morale)”(152).

Questa diagnosi di Mongin verrà, per così dire, spiazzata da quell’evento periodizzante nella storia dell’Occidente che è stato l’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001. Quell’evento, a cui seguirà la guerra degli Usa e dei loro alleati in Afganistan e in Iraq, e che segnerà un turning point nello scenario delle relazioni internazionali, non farà che aggravare la spaccatura filosofico/politica che dopo l’Ottantanove si era delineata nella cultura della sinistra europea. Da un lato i liberali antitotalitari continueranno ad allearsi acriticamente con il liberalismo economico, mentre dall’altro i critici del liberalismo economico vedranno confermata nell’era bushista battezzata dai “neocon” e dai “teocon” con la dottrina della “guerra preventiva” - la loro idea che non c’è alcun bisogno di rinnovare il paradigma democratico alla luce dei caratteri inediti assunti dal capitalismo globale odierno e dalla società planetaria in cui viviamo. La democrazia è la forma di governo che Bush II vuole “esportare” con la forza e nient’altro. Al global terrorism si risponde con la “guerra globale” e con lo “scontro di civiltà”.

Si consolida, così, una divaricazione, già operante fin dall’immediato dopo Ottantanove, all’interno della sinistra italiana: da un lato troviamo gli intellettuali vicini ai Ds che accettano il dogma del rapporto lineare tra mercato e democrazia e guardano con simpatia alla “terza via” del laburismo inglese riformato da Tony Blair(153), dall’altro la schiera più numerosa di coloro che smascherano le illusioni del neoliberalismo à la Fukuyama, ma finiscono per fare a pezzi ogni possibilità di ridefinire il paradigma democratico sia sul piano interno che a livello internazionale. Non è un caso che tra questi ultimi c’è chi, in omaggio ad un realismo epistemologico d’intonazione scettica e nichilistica, vede la democrazia contemporanea soccombere ai rischi del populismo, della videocrazia, della manipolazione della mente dei cittadini-consumatori da parte delle agenzie di pubblicità e dei sondaggi di opinione. In questa prospettiva, i regimi democratici vengono visti come “sistemi autocratici differenziati e limitati”(154).

La



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